Salute e Nutrizione

Toxoplasmosi: i consigli del veterinario per prevenire la malattia

Uno dei rischi per la donna incinta è di contrarre la toxoplasmosi, una malattia che colpisce in particolare i gatti; vediamo come prevenirla.

Dottor Alberto Franchi

Ultimo aggiornamento: 13 Gennaio 2017 | 5 minuti di lettura

Carissimo Dottor Franchi, desideriamo sottoporle un quesito che ci attanaglia da quando ci hanno comunicato che la mia giovane moglie è in felice attesa del nostro primo bambino: abbiamo due mici in casa e ci hanno tutti consigliato di sbarazzarcene o di farli sopprimere per evitare problemi alla futura madre in relazione alla malattia chiamata toxoplasmosi.
Siamo molto affezionati ai nostri due gatti, sarebbe duro per noi abbandonarli o farli sopprimere, ma il primo nostro pensiero è ora rivolto al nascituro. 
Come dobbiamo comportarci? La ringraziamo di cuore!


Desidero innanzitutto brevemente, per quanto possibile nell’ambito di questa rubrica divulgativa, inquadrare la malattia in oggetto per offrire ai lettori una base su cui ragionare insieme in merito alla sua prevenzione.
La toxoplasmosi è una malattia sostenuta da un parassita monocellulare, che deve vivere necessariamente all’interno delle cellule di un altro organismo. Il suo ospite definitivo è il gatto, ma può sopravvivere anche in molti animali a sangue caldo, detti ospiti intermedi: come il cane, i domestici, l’uomo.
Solo nel gatto, ospite definitivo, si localizza nell’intestino e da qui ha inizio la maturazione delle forme infettanti eliminate con le feci, ma anche la diffusione a vari distretti del corpo.
È stato supposto che possa interessare il 30% dei gatti domestici, mentre per l’uomo la percentuale di infezione riscontrata si aggira fra il 20% ed il 50%, a seconda degli ambienti e stili di vita del campione preso in considerazione.

Il gatto si infetta prevalentemente ingerendo carni crude di animali d’allevamento, prede cacciate (quindi topi, uccellini), ritagli ed avanzi della mensa, latte non pastorizzato (non quindi quello solitamente in commercio che viene sempre pastorizzato).
Può presentarsi l’infezione transplacentare se la malattia è contratta durante la gravidanza: il toxoplasma passa attraverso la placenta e infetta il feto. La conseguenza sono aborti o mortalità neonatale nel gatto, nel cane o anche nella specie umana.

Toxoplasmosi

L’eliminazione per via fecale da parte del gatto infetto dura solo due settimane, ma nel breve periodo vengono eliminate milioni di oocisti che divengono infettanti dopo 24 ore dalla deposizione nel terreno e lo rimangono anche per più di un anno.
Nei gatti adulti e robusti la malattia decorre asintomatica, dato che negli organismi con buona risposta immunitaria i parassiti si incistano prima che possano comparire i sintomi.
La mortalità è elevata pertanto solo nei neonati e nei soggetti immunodepressi.
La sintomatologia, quando presente, si manifesta in relazione agli organi ove si sono localizzati i parassiti: i gatti possono perciò presentare sintomi oculari, respiratori, neuromuscolari, gastrointestinali, cardiaci, riproduttori.
I farmaci a disposizione sono molteplici, ma nessuno offre costantemente garanzie di efficacia totale contro il toxoplasma.

Chiarito, in sintesi, il ciclo del parassita e la patologia da esso determinata, discutiamo su quelli che sono i principi della prevenzione per il gatto e quindi, soprattutto, per il suo proprietario con particolare attenzione alla donna gravida.
Dato che la principale via di contagio per il gatto è l’ingestione di carni infette, si consiglia di non alimentare il gatto con carni crude e con ritagli della preparazione delle carni, di inibirgli il libero accesso alle spazzature e di limitargli la possibilità di cacciare per alimentarsi.

Le precauzioni per la donna, che si riveli negativa all’esame sierologico (toxotest), si possono riassumere nelle seguenti: curare l’igiene personale, soprattutto la pulizia delle mani, non alimentarsi con carni crude, non bere latte non pastorizzato (è piuttosto difficile che ciò avvenga oggi), non bere acque di origine non accertata, eventualmente dedicarsi al giardinaggio con l’impiego di guanti, lavare più che bene i vegetali, impiegando appositi disinfettanti, non occuparsi della pulizia della sabbia del gatto e fare sostituire la sabbia ogni giorno, prima che le eventuali oocisti deposte possano diventare infettanti, lavare gli oggetti e l’attrezzatura a rischio con acqua bollente (+65°C), prevenire e limitare il randagismo felino tramite la sterilizzazione, tenere libera la casa da insetti nocivi.

Per quanto riguarda gli esami sierologici eseguiti sul felino, va evidenziato che un gatto risulta positivo quando in genere il parassita ha già cessato di eliminare oocisti con le feci e quindi non è più pericoloso; in caso di reinfezione solitamente non ha luogo l’eliminazione di oocisti. Pertanto possiamo considerare più rischioso convivere con un soggetto che non abbia ancora contratto la malattia piuttosto che con uno che, presentando un titolo anticorpale positivo, dimostri di averla già superata.

La donna che abbia già contratto la malattia precedentemente alla gravidanza ha già elaborato gli anticorpi necessari per impedire il passaggio placentare del parassita, quindi non crea pericoli per il nascituro.
Ecco quindi che non ritengo necessario alienare il gatto, né tantomeno eliminarlo con una iniezione, che solo impropriamente si potrebbe definire eutanasica: sulla base dei consigli, soprattutto igienici, forniti si può coscienziosamente affrontare il problema dato da questa malattia che, come considerato, non vede solamente il gatto di casa come soggetto infettante.
Al contrario questo ruolo lo riveste soprattutto il contesto igienico-sanitario e la corretta informazione profilattica in cui si viene a trovare una donna nel corso della gravidanza.


Dottor Alberto Franchi medico veterinario a Verona
Ambulatorio Veterinario Borgo Venezia - Via Felice Casorati 19 - Verona 
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